Riflessioni sulle occupazioni, la scuola e il suo rifiuto

FUORI DAI BANCHI, SENZA PIU’ DARSI LE SPALLE

Gioia, lotta, condivisione e autogestione
dello spazio, del tempo, della vita. Questo abbiamo sperimentato
durante queste incandescenti giornate di rivolta che hanno attraversato
le nostre scuole e le piazze della città. Di tutto ciò ci siamo innamorati,
fino al punto di non sopportare più tutto il grigio a cui eravamo stati
abituati, quella che loro chiamano giusta normalità, e a cui vogliono
farci credere non esista alternativa che non sia la barbaria e la così
detta “inciviltà”.

Per giorni abbiamo provato l’ebrezza di sentirci finalmente padroni della nostra vita, riuscendoci a liberare di quel senso di odiosa impotenza che da sempre ci portavamo dietro. Quel sentimento bastardo probabilmente nato proprio quando ci hanno messo dietro un banco e ci hanno detto di stare fermi e zitti, se non per ripetere ciò che il maestro o il libro diceva: le prime cose che la scuola ci ha insegnato sono state il rispetto per l’autorità e l’obbedienza, e di seguito un infinità di inutili nozioni. E’ esattamente tutto ciò che ora vogliamo rifiutare.

In pochi giorni abbiamo imparato ciò che anni di scuola, non solo non ci avevano mai insegnato, ma ci avevano nascosto e negato.

Per giorni, mesi, anni, avevamo passato le nostre giornate tra quelle mura insieme ad altre centinaia di persone. Centinaia di anonimi fantasmi
dalle facce spente, che pur condividendo il nostro stesso destino non
avevamo mai potuto conoscere, apprezzare, odiare, amare. Chiusi come detenuti in aule di isolamento e senza nessun momento di socialità collettiva ed allargata,
a parte quei pochi minuti di “ricreazione” (esattamente come l’ora
d’aria delle prigioni), ci avevano abituato a considerare ogni rapporto
con l’altro come una distrazione, una cosa da fannulloni che nulla
c’entra con la scuola. Ma come pretendono di farci conoscere le
lettere, i numeri e le stelle negandoci di conoscere per prima cosa la
realtà che viviamo ogni giorno e le persone che la costituiscono?

E’ anche a conoscere queste che la nostra esperienza di lotta è servita. Mentre è per eliminare ogni socialità, condizione fondamentale per la nascita di rapporti solidali, pericolosi per un sistema che si regge sull’egoismo sociale e sulla competizione-divisione tra oppressi,
che è quella la disposizione dei banchi di ogni aula del mondo:
attenzione per il professore e sempre le spalle al compagno che ti
siede intorno!

Certo, abbiamo anche litigato
(come potrebbe dire il contrario chi ha assistito anche a solo mezza
della infinite assemblee!), ma sono anche quelle litigate a mancarci
ora che non c’è più bisogno di discutere perchè a decidere per noi sarà sempre e comunque qualcun’altro: il professore, il preside, il rappresentante o il potere di turno.

Tra quelle barricate abbiamo capito cosa vuol dire solidarietà, quell’istinto umano che le logiche competitive e selettive di una scuola basata sul voto e sul giudizio, e non sulla comune volontà di elaborare e condividere conoscenze,
ci aveva fatto dimenticare. Abbiamo liberato uno spazio e l’abbiamo
condiviso collettivamente, senza distinzioni e meritocrazia,
sperimentando concretamente quanto una comunità fondata sulla libera partecipazione e sulla collaborazione disinteressata e spontanea dei singoli possa funzionare più che bene: nessun obbligo, nessun onere, nessun ricatto.
E’ solo sulla voglia e la gioia collettiva di autogestire l’esistente
che le occupazioni sono state costruire e sono riuscite a reggersi.

Vivendo situazioni libere e spontaneamente determinate, abbiamo riscoperto la forza della creatività, la cui espressione nelle scuole rimane confinata alle scritte sui banchi e sui muri dei cessi, con cui si cerca di evadere dalla noia della lezione nozionistica e dell’alienazione generale.

Si potrebbe continuare all’infinito
sugli straordinari risultati di quest’esperienza di riappropriazione
diretta messa in atto da noi studenti, ma quello di stilare un elenco
non è certo l’obiettivo di questo scritto, che vuole invece riflettere
sul significato dell’esperienza stessa in modo da mettere in
discussione la realtà che viviamo.

Difendere la scuola pubblica!”:
quante volte l’abbiamo urlato nelle piazze che abbiamo invaso, quante
volte l’abbiamo scritto negli striscioni che abbiamo fatto…

E’ questa parola d’ordine che ora vogliamo superare, non accontentandoci di difendere un presente che non ci piace, e consapevoli che quest’esperienza, al contrario, nella pratica non
è stato altro che il rifiuto della scuola come oggi lo stato e
l’economia ce la impongono, oltre che la negazione dell’obbedienza,
dell’autoritarismo e dell’alienazione che sono alla base di questa e
della società di cui è prodotto.

 

Sperimentare la gioia della libertà non ha fatto altro che aumentare la nostra insofferenza verso un mondo triste e opprimente.

 

DI QUESTO MONDO NULLA DA DIFENDERE… TUTTO DA ATTACCARE!

 

  Firenze, Novembre 2008.

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Firenze – Democratici da impazzire

 
 
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Cartolina “d’estate s’evade!”

buone vacanze a tutti/e!
 
 
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Interlude !

Salve! Come (forse) qualcuno avrà notato il blog è inattivo da un po’.

 

Siamo ancora viv* , non ci siamo abituat* o arres*, non siamo stati bastonat* dalle ronde che ultimamente prolificano nelle nostre città, non siamo stat* sommersi dalla monnezza ( o almeno non ancora). Semplicemente in questo periodo, prima per la corsa alla sufficienza degli ultimi giorni, ora per la smania di vivere le vacanze lo stiamo trascurando, e dato che crediamo che tutto, dal tempo libero al lavoro debba essere fatto solo se c’è una ricaduta positiva su se stessi e sugli altri, abbiamo stabilito un periodo di pausa. Fermo restando che chiunque sia più volenteroso di noi e voglia inviarci qualcosa da pubblicare può, anzi è pregato di farlo all’indirizzo summerhill@logorroici.org ci diamo appuntamento a settembre quando, dovendo ritornare in quei tristi e odiosi edifici, o scuole (che dir si voglia) riattivarsi lo sentiremo come indispensabile. Buon proseguimento!

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17-05-08 tutti/e a Verona con Dax, Renato e Nicola nel cuore…

 

A proposito dei fatti di Verona

Una città di fantasmi che uccidono.
Questa è Verona. Una città che rischia di far da battistrada a tante
altre. Una città in cui un gruppo di neofascisti massacra di botte e
ammazza un ragazzo. Una città in cui la polizia pesta e arresta chi s’incaponisce a commettere e a difendere quel grave crimine che è diventato bere una birra all’aperto.

Perché accomunare due fatti così apparentemente distanti?

Perché la squadraccia che ha assassinato Nicola Tomassoli è un
prodotto del clima, ormai imperante ovunque, di normalizzazione e di
guerra ad ogni forma di diversità. Un clima imposto da coloro –
governanti di destra e di sinistra, conformisti feroci, commercianti
con i cuori a forma di salvadanai – che vogliono sterilizzare le città
dal virus della vita.

Le strade, in questa utopia totalitaria, dovrebbero servire soltanto
per andare e tornare dal lavoro. Le periferie per dormire. I centri
storici per essere visitati dai turisti. Basta.
Sedersi sui gradini
di un monumento, bere e mangiare all’aperto, suonare nelle piazze,
ritrovarsi in gruppo senza una meta… tutto ciò è intollerabile. Solo le
merci possono parlare e passeggiare. Le merci e le divise. Tutto il
resto ha un nome ("bivacco") e un destino (la repressione) ben segnati.

Un tale non-mondo – cos’altro è una città in cui non si può
nemmeno mangiare e bere per strada?
– trasforma le menti, il modo di
guardare i propri simili e persino la maniera di vestire o di
pettinarsi. Tutti i poveri sono allora un nemico da isolare,
criminalizzare, deportare. Non solo. Anche un codino diventa un segno
di diversità. Da punire. Con la morte.

Politici, giornalisti e magistrati vorrebbero farci credere che
l’assassinio di Nicola è un gesto di violenza cieca, senza colori
politici. Altri fanno finta di scoprire solo ora – perché al governo
c’è la destra – che da alcuni anni a questa parte le aggressioni
neofasciste in Italia non si contano più.
E c’è anche chi, nel merdaio
generale, arriva a dichiarare che bruciare la bandiera dello Stato di
Israele in solidarietà con i palestinesi è più grave che ammazzare un
ragazzo.

Non ci accoderemo a nessuno di questi cori. I neofascisti sono i
fantasmi armati del non-mondo in cui ci vorrebbero rinchiudere
.
Sappiamo che contro di loro non servono a nulla l’indignazione dei
partiti e la protesta democratica. Contro le loro aggressioni protette
dalla polizia esiste una sola arma: la violenza autorganizzata.

Ma sappiamo anche che nelle città morte – senza conflitto e senza
dissenso – questi fantasmi hanno il loro terreno più favorevole.
Tornare nelle strade e nelle piazze, dunque, a mangiare, a bere, a
discutere, a lottare.

Per rompere una normalità che uccide. In solidarietà con i compagni arrestati. A dispetto di divieti e divise.

Ciò che urge è ormai niente meno che questo: un’offensiva per riprenderci la vita.

 

Sabato 17 Maggio ore 15,00 davanti alla stazione di Porta Nuova

spezzone autorganizzato, fuori da ogni compatibilità istituzionale

 

anarchici di Verona, Rovereto e Trento

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Make Love, Fuck Work !

 

_il lavoro non si festeggia_  

riproponiamo per l’occasione un "vecchio" articolo del blog 

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A Scuola di Razzismo: Aparthaid e educazione

 

 

Padova – Dopo la tristemente nota costruzione del muro "anti-spaccio", in realtà uno sbrigativo modo per ghettizzare gli immigrati di via Anelli tra recinzioni e check-point polizeschi, arriva anche quello "anti-fotografia" (?) (che nome useranno questa volta per evitare di dire anti-immigrato?). Sarà eretto tra gli studenti del Centro Territoriale Permanente (in grandissima maggioranza immigrati) e i bambini delle elementari, mentre la costruzione di un altra entrata servirà a preservare interamente la purezza della gioventù italica. Evento scatenante: un cingalese di 18 anni fotografa in cortile un bimbo di seconda per mandare a casa un’immagine della scuola dove sta imparando l’italiano.

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Non mettere la firma alla tua oppressione, NON VOTARE!

 
 
 

 
 Che se ne vadano tutti!
– per uno sciopero elettorale generale – 
 
 
 
«Quando il padrone o la padrona
chiamano un servo per nome, nessuno di voi risponda, altrimenti non ci
saranno più limiti alla vostra oppressione. E i padroni stessi
ammettono che, se un servitore viene quando è chiamato, basta».
Jonathan Swift, Istruzioni alla servitù

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Giù le mani dall’educazione.

Facendo un analisi critica della situazione  reale , scorgiamo come la realta’ sia costituita da elementi in contrasto tra
loro: in fisica l’azione e la reazione, in matematica il più ed il meno,in
chimica l’unione e la disunione degli atomi, nella meccanica elettricità
positiva ed elettricita’ negativa, nelle politiche sociali il
borghese ed il proletario, il ricco ed il povero,il reazionario ed il
rivoluzionario, lo sfruttato e lo sfruttatore.

Sono innumerevoli e non quantificabili le differenze che
intercorrono tra le  classi  privilegiate e le classi disagiate, non
ultima l’istruzione e la cultura, detenute 
come arma di dominio  nei
confronti delle masse, vero strumento di stupro e assassinio del pensiero umano,
ben  coscienti dell’idea che un uomo libero sia difficile da domare
e  incatenare, vincolandole ad interessi politco-religiosi,svendendone il nostro sapere. Continue reading

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Summerhill – per un movimento studentesco anticapitalista e libertario

Giovedì 20 marzo all’Ateneo Libertario di Napoli, tra un
piatto di cous cous e qualche birra, dopo una breve presentazione del progetto
“Summerhill” , si è svolta l’ assemblea: “Dalle esperienze educative
antiautoritarie alla costruzione del movimento studentesco  libertario anticapitalista”.
Questa ,
partecipata (e non solo numericamente), ha rappresentato un ottimo momento di
aggregazione, incontro e dibattito.

Comunemente sentita è stata l’esigenza di
(ri)proporre e praticare un’ alternativa alle ambiguità e all’istituzionalismo
che contraddistinguono il movimento studentesco degli ultimi anni. Un movimento
incapace di andare al di là dell’opposizione alla singola riforma contestata e
liberarsi dai vincoli della rappresentanza e dall’organizzazione
verticalistica, offrendosi spesso e volentieri come oggetto da usare e
strumentalizzare in mano a partiti, associazione e sedicenti sindacati
studenteschi immischiati nelle politiche di palazzo. Continue reading

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