2 milioni di morti l’anno nel mondo, di cui 1400 in Italia, 270 milioni coinvolti in incidenti non mortali:il bollettino dell’ultima “missione di pace”? No, il risultato della quotidiana battaglia di uomini e donne contro i ritmi strazianti imposti loro dal comune nemico Lavoro. E se nel triste bilancio includessimo anche le migliaia di persone al giorno che soccombono alla guida delle loro auto, magari nel tornare alle proprie case, a causa della stanchezza e tutte quelle che subiscono danni alla salute, talvolta fatali, provocati da sostanze cancerogene con cui sono entrate a contatto durante l’assolvimento del proprio compito, non avremmo sicuramente dubbi nell’apostrofare il Lavoro come il più pericoloso killer della storia.
C’è chi ha ancora il coraggio di parlare di "incidenti", le stesse persone che reputano il lavoratore il pari della macchina, che una volta rotta si cambia, senza troppi problemi o scrupoli.
Noi preferiamo chiamare le cose con il proprio nome: omicidi.
Omicidi diciamo, perchè lo stesso incidente non può capitare centinaia di volte al giorno, per settimane, mesi, anni. Perchè nell’imporre dei ritmi strazianti di lavoro con il ricatto della paga, e nel non garantire le necessarie misure di sicurezza per ridurre gli "sprechi", non c’è nulla che possa essere difinito accidentale. Il lavoro è una guerra, una strage premeditata da chi pensa solo a riempire le proprie tasche.
Quante sono inoltre le ore, la forza e la fantasia scippateci da questo, aggiungerei, insaziabile ladro?
“il lavoro come tale costituisce, la migliore polizia e tiene ciascuno a freno e riesce a impedire validamente il potenziarsi della ragione, della cupidità, del desiderio di indipendenza. Esso logora straordinariamente una gran quantità di energia nervosa, e la sottrae al riflettere, allo scervellarsi, al sognare, al preoccuparsi, all’amare, all’odiare”.
Lavoro è alienazione: la naturale indole dell’essere umano non mira alla squallida competizione e all’asservimento di molti per interesse di pochi,ma alla vita in comune dove ognuno dà secondo le proprie capacità e riceve secondo i propri bisogni. Solo grazie all’imposizione delle prime tasse monetarie, infatti, gli antenati degli attuali “businessmen” costrinsero la maggior parte delle popolazioni tradizionali alla trasformazione dell’energia umana in denaro,mutando gradualmente l’uomo in servo e la sua vita in merce,da acquistare al miglior prezzo.Nel 1867 i lavoratori di tutto il mondo decisero che da quell’anno in poi ogni primo Maggio si sarebbero riappropriati della propria giornata mettendo in atto azioni di lotta per rivendicare migliori condizioni di vita. Tenendo presente, quindi, la vera essenza del Primo Maggio, non sarebbe il caso di abbandonare l’ipocrisia dei festeggiamenti per ritrovarsi nelle strade, uniti e determinati, a costruire insieme quel giorno in cui la creatività esploderà sulla noia della vita quotidiana e del lavoro?
direi SENZA PAROLE!!!peace Marina